Più buio di mezzanotte non puo' fare dalle parti di Teheran. Il responso delle urne iraniane, allo scrutinio dei voti per l'elezione dell'ottavo presidente della repubblica, non ha lasciato scampo agli avversari decretando vincitore Ebrahim Raisi, con il 62% delle preferenze. Ma la vittoria dell'ultra conservatore, giudice della Corte Suprema vicino agli ambienti clericali, ammanicato mani e piedi con l'ayatollah Ali Khamenei, non puo' certo rappresentare una sorpresa. Tutto era scritto già da tempo. Un copione che doveva solo essere recitato e passato agli atti. Da quando cioè erano stati accuratamente selezionati i candidati per la partecipazione alle elezioni dal Consiglio degli Esperti che ha ammesso solo i candidati più conservatori.
E certamente la notizia più importante di questa tornata elettorale e' rappresentata dalla bassa affluenza dei votanti. Si sono recati alle urne soltanto il 48 % dei 60 milioni di iraniani aventi diritto. Il dato di affluenza piu' basso dal 1979, anno della Rivoluzione Islamica che caccio' lo sha di Persia Reza Pahlevi consegnando il paese nelle mani dei Guardiani della Rivoluzione, dei Pasdaran e all'ayatollah Khomeini.
Un campanello di allarme, quello dell'astensione in massa, che dovrebbe suonare forte e chiaro dalle parti di Ali Khamenei, guida spirituale del paese, successore di Khomeini che dal 1989 ininterrottamente e' in sella condividendo la guida del potere con il Presidente della Repubblica Islamica.
In realtà, avvisaglie di un certo malessere dei cittadini, lo stesso Khamenei, ormai optuagenario, le ha dovute percepire in questo lungo periodo preelettorale, quando ha ritenuto di doversi spendere in un lungo intervento televisivo facendo presente che "i nemici dell'Iran stanno cercando di tenere lontane dalle urne i cittadini". L' opposizione, in effetti, seppur debole, raminga e non a torto parecchio frustrata, non ha mancato nelle scorse settimane di fomentare un certo dissenso specie sui social. Avendo forse l'unica arma da sfruttare nel boicottaggio al voto.
Un crescente sentiment di forte scollamento fra i cittadini dalle istituzioni che non potrà essere sottovalutato nemmeno dalla Repubblica islamica nel prossimo futuro. Dopo che il Presidente uscente, Hassan Rouhani, da 8 anni in sella, era riuscito, all'indomani dell'ultra conservatore Mahmoud Ahmadinejad, a suscitare almeno all'inizio del suo mandato, un certo entusiasmo fra i giovani.
I "giovani", argomento cui sara' riservata sempre più una certa centralità all'interno del dibattito politico domestico. Considerando che piu' di un terzo della popolazione iraniana ha meno di 19 anni, un trend che l'Iran condivide con altri paesi limitrofi, e che solamente il 5 % della popolazione ha un'età superiore ai 65 anni, quello anagrafico è infatti uno dei "problemi" con cui la Repubblica Islamica deve fare i conti sempre piu'.
Entusiasmo dei giovani verso l'ex Presidente Rouhani che poi si era comunque via via spento con l'inasprirsi delle sanzioni volute dall'America di Trump che hanno portato all'interruzione dell'accordo sul nucleare.
Da allora il paese sembra essere sprofondato in una profonda depressione. Con la crisi economica dovuta alla difficile situazione pandemica e alle sanzioni internazionali, con la politica estera che assorbe gran parte del bilancio nello sforzo di sostenere legami strategici e politici con il mondo sciita (Iraq, Siria, Libano, Palestina e Striscia di Gaza). Con un' inflazione galoppante che nell'ultimo anno ha fatto perdere il 40% del potere d'acquisto del Riel.
Si calcola che a causa delle sanzioni internazionali si è passati da 2,8 milioni di barili al giorno di greggio esportato a circa 200 mila. Un dato davvero impressionante e preoccupante se si considera quanto la bilancia commerciale dell'Iran dipenda dall'export di petrolio e gas: il 70 % di tutto l'export.
In ultima analisi, la grave difficoltà economica in cui sembra essere scivolato l'Iran, con il brusco incremento della disoccupazione, per un paese che da sempre e' abituato a galleggiare sul petrolio e sul gas, appare davvero un paradosso.
Ebrahim Riesi si insedierà ad Agosto mentre sara' curioso vedere come sarà accolto dalle varie diplomazie in giro per il mondo. Di certo gli Stati Uniti e la comunita' internazionale saranno subito chiamati a testare il polso al nuovo presidente che, per inciso, e' accusato di violazione dei diritti umani e persino di essere responsabile di una serie di esecuzioni di prigionieri politici nel 1988, in particolare muhejaddin del Fronte di liberazione dell’Iran. Un passato che sembrava sepolto e che torna prepotentemente alla ribalta. Insomma, si diceva: più buio di mezzanotte, non puo' fare.
20 giugno 2020