FALSO MOVIMENTO



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Si svegliò di soprassalto, madido di sudore, con la vaga sensazione di aver avuto un incubo. Alzo' lo sguardo per controllare la sveglia. Il display digitale gli svelò l'orario: 19,53. Si era fatto tardissimo. Alain non era il tipo che amava molto le attese. Per fortuna Cedric non apparteva alla categoria delle tartarughe, ma a quella delle gazzelle. Si fiondò all'istante in bagno, si lavo' rapidamente faccia e ascelle, sostituì la maglia della salute completamente zuppa, ne approfitto' per cambiarsi biancheria intima e calzoni. Il tempo di indossare un maglione caldo a collo alto. Un veloce sguardo di sguincio allo specchio. Alla fine abbrancò al volo il palto' color crema dall' appendiabiti e, prima di chiudere dietro di sé la porta, noto' che il display mostrava appena le 19,58. Da 0 a 100, nel tempo record di 5 minuti, sorrise soddisfatto.


Scivolò velocemente su rue de Turenne dove intercettò al volo un taxi. Traffico permettendo, in meno di 10 minuti sarebbe giunto all'appuntamento al Cafè de la Paix. In piena "zona Alain Leclair", a due passi dall'Opera Garnier. Come spesso gli capitava in taxi, torno' ad immergersi in verticale sulla complicata matassa di quel caso. Aveva bisogno di uno schema adesso. Semplice. Come quei diagrammi a freccette che si disegnano sulla lavagna. Il più basilare e scarno possibile, si disse fra sé. Per questo si sforzo' di focalizzarsi attorno alle figure su cui pareva ruotare la complicata vicenda.


DUTROUX. Artista, manager, padre e criminale. L'architetto inscena la caccia al finto figlio, Eric, coinvolgendo nella finzione Jean, Bruno e indirettamente Yvonne. Il suo vero scopo è però quello di mettersi sulle tracce di Pascal, il vero figlio che non vede da sei anni. Per l'occasione, da l'incarico a Cedric, convincendolo a cercare il figlio che non c'è. Innesca quindi il più classico dei trompe l'oeil. Purtroppo ha solo il tempo di mostrare al detective la prospettiva ingannevole. Il suo piano fallisce prima di poter passare alla seconda parte. Muore suicida, dopo l'irruzione delle forze dell'ordine, che lo braccano a casa sua al termine di una lunga e complicata inchiesta della Procura per false fatture e peculato. La Nerval non esclude che da tempo il marito potesse essere pedinato a vista. Ma esclude che ci siano connessioni fra il tempismo dell'arresto e la ricerca di Pascal che Dutroux aveva intrapreso in quella settimana. L’arresto, secondo lei, era ormai da tempo nell’aria.


NERVAL. La madame mostra due facce diametralmente opposte, con due ruoli antitetici. Da moglie a rimorchio del suo ex-marito, si mostra vana, vacua, superficiale, a tratti oca e dissoluta. In questa versione non esita ad appoggiare i piani contorti del marito verso cui nutre ormai un profondo disprezzo. Non si tira indietro nel mettere il proprio corpo a disposizione di fronte alla possibilità di poter scoprire una pista valida per il ritrovamento del figlio, come nel caso del Baby Luna, rivelatosi "un fiasco".


NERVAL BIS. La versione 2.0 della Nerval mostra una donna dritta e decisa, dal piglio quasi manageriale. Con le idee ben chiare sulle dinamiche sociali e culturali in cui è inserita. Cosciente delle proprie manchevolezze nei confronti del figlio, cresciuto senza l’amore e gli accorgimenti necessari. Perfettamente consapevole della propria condizione di anaffettivita' e di distacco da tutto e tutti. Una donna cui, il gioco dei ruoli, ha talmente confuso e inaridito la propria personalità, da svuotarla di ogni benché minimo sentimento di affetto nei confronti del prossimo.


PASCAL. Si cela dietro un'apparente faccia da bravo ragazzo, sorridente e accogliente. Ma passa per essere uno dei più feroci narcotrafficanti in Francia, con stretti rapporti di collaborazione con l' America Latina. Nella descrizione che ne fa Yvonne, sembra avere il piglio del boss, con un potente ascendente sui suoi scagnozzi. È grazie ad Yvonne che, rosa dal tarlo dei rimorsi, il detective riceve un paio di indizi decisivi per poterlo intercettare.Cosi, credendo di dare la caccia a Eric, Cedric si trasferisce a Marsiglia sulle tracce di Pascal. In Provenza per poco non cade vittima di un feroce attentato ai danni di un vecchio imam in rovina. Il giorno dopo, in compagnia di un vecchio amico di Alain, il giornalista e scrittore pulp Hippolite Bazan, Cedric si mette sulle sue tracce. Nel quartiere di Malpasse’, sulla piazza di spaccio, in quell’ambiente degradato, apprende che il ragazzo viene considerato il capo della zona. Fra i suoi, lo chiamano El Chapo, come il famoso signore della droga messicano. Il ragazzo sembra furbo, scaltro e viscido. Non si fida di nessuno e pare molto ben protetto da una capillare rete che non lascia filtrare niente e nessuno. Cedric riesce a rintracciarlo al telefono. Li’ capisce che è un dritto e che non si lascerà abbindolare dai facili affari.


JEAN, BRUNO, YVONNE. Non è ancora chiaro al detective se dietro all’attentato del vecchio Bousur ci sia lo zampino di El Chapo. Eppure tutto sembra andare in quella direzione. E' Yvonne a intercettare dalle parole di Pascal il nome di Bousur e del casino' La Goulette. Per quale motivo Pascal dovrebbe tirare in ballo Bousur e La Goulette, nel corso dell'incontro con la piccola comitiva a Dijon? se non per via del fatto che i tre stanno pianificando i dettagli di quello che si rivela essere poi un vile attentato di stampo terroristico? Quanta consapevolezza hanno i due ragazzini di quello che è poi andato in scena? In che modo risultano coinvolti Jean e Bruno, questi due goffi pivelli, insicuri, pieni di tic e di acne giovanile, in questa brutta storia?


HIPPO. Il giornalista Hippolite Bazan sostiene che Pascal si sia fatto strada nel mondo della malavita grazie all’appoggio decisivo da parte delle frange più violente del fondamentalismo islamico. Lui ha sospetto di credere che anche Pascal da qualche tempo si sia radicalizzato, creando a sua immagine e somiglianza, una delle più potenti cellule di terrorismo del sud della Francia.


AGENTI SEGRETI. Senonché, si arriva alla mattina dell’incontro di Cedric con due sedicenti agenti dei servizi segreti. I loro discorsi, i toni le parole di violenza, i loro ricatti e i metodi da consumati criminali. I loro strumenti: l’auto, il cellulare, la carta di credito. Cedric rimane perplesso a questo punto della storia. Inizialmente credeva che i due fossero sulle tracce di Dutroux, pedinandolo per evitare che potesse fuggire all'estero nel bel mezzo della delicata inchiesta della Procura. Adesso invece, il suo sesto senso gli dice che la spavalderia e la cattiveria di quegli uomini debba in qualche modo provenire da un contesto parimente violento. Per questo non esclude che i due agenti sotto copertura possano lavorare per El Chapo. E che, sotto la sua regia, i due criminali avrebbero ostacolato in tutti i modi le indagini che Dutroux aveva commissionato al detective. Se davvero fosse così, la morte di Dutroux non avrebbe distolto i criminali dal loro intento. Dal momento che Cedric non avrebbe certo gettato la spugna sul più bello.


VOCE TELEFONICA. Altro punto aperto: i ricattatori telefonici sono da collegare ai due agenti criminali? Su questo, Cedric continua a tentennare. Dal momento che gli pare di aver riconosciuto il galante corteggiatore della Nerval al Baby Luna, in uno dei due agenti; quello che si faceva chiamare Laurent. Ma c'è qualcosa che non gli torna a quel punto. Questa versione non spiega un particolare abbastanza rilevante. Ad un certo punto durante la telefonata intimidatoria, quella perfida voce femminile si disinteressa completamente alle dinamiche dei Dutroux, concentrandosi invece sul rapporto del detective con Annette. Per quale motivo, quella voce debba avere interesse a mettere fine alla relazione di Cedric con la moglie del ministro? In pratica: quale dannato motivo Pascal avrebbe per avere così a cuore la fedeltà della moglie del ministro? Solo per vile ricatto nei suoi confronti ? Troppo poco...


MONSIEUR BOISSY. Davvero deve credere, a conti fatti, che tutto questo pandemonio abbia a che fare con la pazza e incontrollabile gelosia di monsieur le Ministre, marito della sua Annette e cornuto senza appello?


ALAIN LECLAIR. Il giorno dopo la morte del marito, mme Nerval non esita nemmeno un istante a riprendere le ricerche sul vero figlio. Raddoppia così i suoi sforzi, affiancando al detective Cedric, un altro pezzo da novanta; niente di meno che la superstar del giornalismo d'inchiesta, Alain Leclair. Questo dovrebbe essere un motivo di sollievo e di conforto per le indagini di Cedric Bovin, dal momento che da ora il detective potrà contare ufficialmente sulla rete di conoscenze e di legami dell'amico. Ma allora perché Cedric non riesce a togliersi dalla testa quella sensazione di fastidio, di noia puntuta che lo attanaglia ogni qualvolta non si sente soddisfatto del proprio lavoro ...? Per quale motivo i suoi pensieri, come mosche sulla merda, finiscono per concentrarsi sempre sulla stessa cosa...? che Alain sia cioè subentrato dove lui ha praticamente fallito.

E con la figura di Alain, si conclude il diagramma di flusso alla lavagna.


Il taxi lo scaricò a due passi dall’Opera Garnier. Posati i piedi sul marciapiede, fu investito da un violento refolo di vento gelido che gli parve intrufolarsi da sotto le braghe e risalire fin sotto al collo. Un paio di passanti davanti a lui, intirizziti, sembrarono ingaggiare una lotta impari contro le tese raffiche che sferzavano la piazza da ogni parte. Li seguì a ruota fin quando, finalmente, riuscì ad imbucarsi al caldo del Cafè de la Paix. Da lontano scorse Alain che aveva già pensato a disporre tutto al meglio, con la sua solita pignoleria. Riservando un angolino in penombra, una sorta di esclusiva loggetta, schermata da due possenti colonne e da un vaso traboccante di verzura da cui era facile osservare il resto della sala e dal quale risultava quasi impossibile essere visti. Stava raccontando qualcosa o forse stava dando altre disposizioni al maitre, che lo ascoltava con lo sguardo basso e un atteggiamento di estrema deferenza, quando Cedric apparve in fondo alla sua visuale. Di colpo si alzò, portando con sè due calici di Champagne in punta di dita, e dopo aver fatto un breve cenno di intesa al maitre, si dispose a regalare all’amico il sorriso più naturale del mondo.


Ma chi era veramente Alain Leclair? Fine giornalista, capace pubblicitario, popolare e colto intrattenitore, dandy, bonvivant, empatico conversatore e magnifico sodale. La vita di Alain era come un continuo reality show e lui l'irresistibile mattatore, abituato a smazzare informazioni con la semplicità di un prestigiatore, convinto che le notizie avessero un prospetto quasi fisico: con una loro vita, uno spazio in cui si muovevano, crescevano, si trasformavano, fino a quando morivano. O venivano uccise. Alain era così potente da riuscire a volte da un sibilo o un sussurro a imbastire una polemica senza fine, con conseguenze spesso severe per i poveri malcapitati. TV, radio, giornali o piattaforme online, nessun canale gli era precluso. Abbarbicato fra le vette del potere più ostinato e incrollabile, si vantava di essere un uomo che politici e amministratori avevano imparato a fuggire come la peste o a tenersi caro come si fa con il migliore amico.


Certo una vita difficile la sua, con i turbamenti dell’infanzia che sembravano aver fatalmente plasmato la sua complicata personalità. Nasceva povero, madre casalinga e padre spesso disoccupato, oltre che alcolizzato. Ma a dispetto del destino, era venuto su dritto, volenteroso e atletico. Aveva imparato quattro lingue straniere e si era laureato alla Sorbonne in Giornalismo, Comunicazione e Media in quattro anni filati. Un vero enfant prodige. Dopo lunghi anni di gavetta, trascorsi a fare la spola nella vasta galassia parigina di fanzine, riviste, fogli, giornali, giornalini e giornaletti, si era infine messo in proprio, fondando la sua agenzia d’informazione. Era così diventato un occhio e un orecchio ovunque, con agganci nel governo come nelle principali segreterie di partito, fra i sindacati che contano e i poteri forti delle lobby, fra i banchieri e le associazioni di categoria, così come fra gli industriali. Dopo essere passato per diverse sedi, da un più modesto bugigattolo nei pressi di Gare du Nord, a un ufficio sovradimensionato e troppo dispersivo nei pressi di Place de la Bastille, da qualche tempo aveva spostato il suo quartier generale in un elegantissimo attico degli Champs Elysée, al quinto piano di un edificio signorile con una straordinaria vista sulla Senna e sulla torre Eiffel.


Un manipolatore patentato che alla lunga aveva fatto della pazienza e dell’addestramento la sua arma migliore. Alain era anche questo. Perché lui aveva studiato tutto. Forte di una preparazione mostruosa, conosceva per filo e per segno il funzionamento della macchina dello Stato. Conosceva ogni minimo aspetto del motore, ogni minima rotella, scuffia o dadino. Nè l’aereodinamica o l’idraulica gli facevano difetto. In questo modo, non faceva alcuna fatica a trovarsi sempre in vantaggio non solo nei confronti di colleghi e giornalisti ma spesso anche degli amministratori o degli uomini di legge. Il più delle volte anche dei funzionari, di coloro cioè che quella macchina, indirizzati o meno, in pratica si trovavano a guidarla.


Ovviamente le sue conoscenze e i suoi legami non si esaurivano con un' impressionante lista di persone rispettabili, ma andavano oltre, includendo anche quelle che proprio rispettabili non erano. Non era un mistero che fra i suoi contatti vantasse molte conoscenze in quel mondo di mezzo che era la strada maestra verso le sue più sinistre biforcazioni. Certo, aveva poi molti nemici. Ma nessuno fra i suoi amici più in vista avrebbe mai potuto permettersi il lusso di abbandonarlo al suo destino. Alain sapeva troppo e aveva visto troppe volte il potere tingersi dei colori più cupi per poter affondare senza tirarsi dietro dei pezzi importanti. Come una zavorra. Legato a doppio filo al destino di molte persone, avrebbe trascinato in fondo pure il più potente dei potenti. Per tutte queste ragioni si poteva dire che nessuno più di lui a Parigi vivesse al di sopra della legge.


Per tutte queste cose insieme, non era facile essere amico di Alain. Questo Cedric lo sapeva. Così come era difficile non essergli amico, dopo tutto quello che Alain aveva fatto per lui. Non vi era amico migliore di quello disposto ad offrire la propria spalla senza chiedere nulla in cambio. E Alain non gli aveva mai chiesto nulla. Cedric si rendeva conto che la loro era un’amicizia asimmetrica. Eppure negli ultimi tempi, paradossalmente, ad avere più bisogno l’uno dell’altro sembrava essere Alain. Di questo Alain sembrava cosciente. Sapeva di non poter fare a meno dell'amico, perchè avrebbe potuto contare sempre sulla schiettezza e sull’assoluta sincerità di lui, per porre un freno ai suoi stravaganti eccessi. Ed era durante quei bagni di umiltà che Alain sembrava ritornare ogni volta rinato alla vita: un po' più centrato, puntellato di sani dubbi e disposto di nuovo a rimettersi in discussione. “Sei il mio regolatore di velocita’ tu” amava scherzare spesso Alain con l’amico. E niente sembrava più vero.


E non vi potevano essere interessi di natura sentimentale fra i due, tanto la passione di entrambi per le donne era così indirizzata su questo aspetto. La loro amicizia era invece cresciuta attorno ai problemi di Cedric. Quando aveva deciso di rassegnare le dimissioni alla Polizia e il mondo era finite per crollargli addosso. Ancora adesso, dopo quasi dieci  anni riusciva a sentire in bocca l’amaro gusto di quelle serate alcooliche e il tonico rinfrescante con cui Alain sapeva invece lenire ciascuna delle sue ferite sanguinanti.


Vero, non erano sempre tutte rose e fiori. Ma ogni volta che si ritrovavano, sembravano stringere una sorta di tacito patto che imponeva loro di spogliarsi dei rispettivi difetti e di riporli temporaneamente in una sorta di nuvola, ben visibile ed equidistante da entrambi. La furbizia di Alain nei confronti degli altri, ad esempio, spesso indisponeva Cedric. Ma era il prezzo che bisognava pagare per stargli accanto. Il quadro si completava con una sicurezza di sè al limite della tracotanza. Un complesso di superiorità che lo condannava, suo malgrado, a saperne sempre di più del suo interlocutore e che lo portava spesso a monopolizzare i temi e i tempi della discussione. Una vera e proprio malattia, l’egocentrismo, che lo spingeva a mettere bocca su ogni argomento dello scibile umano e ad essere medico fra i medici, ingegnere fra gli ingegneri e allenatore fra gli allenatori di calcio. E così via. Con il tempo Cedric aveva preso le contromisure e, se non alla pari, il loro scambio era diventato comunque integrato.


Cedric aveva dovuto lavorare molto all’indomani della disfatta con la sua ex moglie Marion, per risollevarsi da un senso di emotività e di insicurezza in cui era sprofondato. Eppure, fu grazie alle dritte e ai consigli di Alain, che l’ex poliziotto sembrò a poco a poco ricostruire il baluardo della sua fiducia, imparando di nuovo ad accettarsi, ad accettare le sue sconfitte, il suo modo di essere o gli aspetti più umbratili e complessi della sua personalità.


Nell’accoglierlo con due coppe di Champagne in mano, Alain sembrava già catapultato dentro al rebus. Ma prima di tutto Alain avrebbe dovuto spiegare il suo incontro con la Nerval quella mattina. Cedric era così, prendere o lasciare. Non ci avrebbe girato intorno per farlo cadere in contraddizione. Non gli avrebbe teso nessuna trappola, non avrebbe utilizzato questo episodio per testare la serietà e il grado di fiducia della sua amicizia. Glielo chiese con il consueto garbo ma guardandolo dritto negli occhi.

- E a proposito di segreti, ovviamente, so che hai una valida motivazione per incontrare madame Nerval, la mia cliente, e di tenermi completamente all’oscuro di tutto ciò.

Alain scoppiò in una grassa risata, di quelle sincere ed emotive, che gli metteva in risalto le rughe attorno agli occhi, tradendo un’ età che inesorabilmente si avvicinava ormai alla cinquantina.

- Ecco perché mi piaci! perché è assolutamente ancora vero che sei il detective numero uno di Parigi.

Ma Cedric non aveva voglia di scherzare. E dopo che Alain ebbe modo di smaltire la sua risata, ritorno’ serio.

- Non ti sfuggirà che il caso Dutroux riguardi anche un po' me e la mia incolumità … se è vero che tu hai ricevuto pesanti minacce. Se è vero che tu sei pedinato e se addirittura sanno che ti vedi nel mio appartamento di Montparnasse con una delle donne più importanti di Francia … non credi che anche io mi debba sentire in certo qual modo coinvolto un po' in questa complicate faccenda?

- Aspetta aspetta…hai detto il caso Dutroux… ma cosa dovrebbe entrarci qui l’affaire Dutroux con le minacce che abbiamo ricevuto sia io che Annette? per quale motivo pensi che le due cose siano collegate?

- Se ci sia un collegamento non so …questo lo vedremo. Ma credo di avere una buona pista per poter acchiappare per le palle chi, in queste ultime tre settimane, sembra si sia divertito a fare stalking con te e con la tua bella Mme la Ministre.


Cedric riconobbe nel sorrisino da primo della classe dell’amico quella sorta di autocompiacimento che tanto gli si addiceva. Era sempre il solito cavallo di razza, compulsivo competitivo: non appena aveva fiutato la notizia, ci si era ficcato dentro con tutte le ruote. E c’era da giurare che, anche stavolta, non avrebbe fatto cilecca.





FALSO MOVIMENTO

 


20



Quando avevano lasciato Parigi era ancora buio pesto e solo nei pressi di Chartres si era levato un leggero pigro chiarore che sarebbe rimasto inalterato almeno fino a Le Mans. Il TGV sferragliava veloce verso ovest attraverso una fitta caligine,mentre dall'improvviso addensarsi di minute goccioline sul finestrino, Cedric intuiva che la nebbia avrebbe presto lasciato campo libero alla pioggia battente. Cosi fu. Non ricordava a memoria un caso che l'avesse inchiodato per così tanto tempo sulla strada, su e giù per la Francia, come fosse un pendolino o come la biglia impazzita di un flipper. La sua nuova destinazione stavolta era Concarneau. Una lunga trasferta sulle gelide coste della Bretegna.


Sprofondato sulla poltrona, ogni tanto buttava uno sguardo su Pierre, uno dei fidi collaboratori che Alain gli aveva messo a disposizone per quella singolare missione di salvataggio. Quella mattina, il ragazzotto, appena trentenne, sembrava ancora alle prese con un farraginoso risveglio, malgrado avesse trangugiato un paio di lunghi caffè americani. Minuto, brevilineo, con un testone glabro e due profondissime occhiaie. Se il resto dei suoi tratti facciali non fossero stati regolari e tutto sommato gradevoli, lo si sarebbe potuto scambiare per un alieno, per via della sua calotta cranica di una grandezza sproporzionata e per i suoi incavi oculari particolarmente incassati. Cedric lo osservava, seduto in maniera scomposta sulla poltrona di fronte alla sua, mentre Pierre sembrava ingaggiare una lotta impari contro il sonno. Per fortuna non era di molte parole. Al contrario, sembrava tanto il tipo che non amava nascondere il fastidio della presenza degli altri. Ma, assicurava Alain, si sarebbe presto trasformato in un perfetto cane segugio, qualora  avesse cominciato ad annusare sul campo l'odore della preda. Il fatto che fosse di poche parole, poi, non poteva che essere d'aiuto al detective, sempre alle prese del resto con le sue lunghe e profonde sinapsi.


Si ripete' per l'ennesima volta quanto gli aveva raccontato Alain poche ore prima a cena. Anzi si sforzò di ricordare le parole esatte. Diceva che bisognava intervenire sul campo, per evitare che potesse "andare in scena un clamoroso femminicidio sotto agli occhi di tutti". Quello di Annette, evidentemente. Aveva detto proprio così, a voce bassa, liberando uno dei suoi sguardi teatrali, pieni di circospezione, che sembro' catapultarli dritti dritti in un'atmosfera da giallo alla Agatha Christie. Solo che al posto di Hercule Poirot, c'era lui, Cedric Bovin. Al posto della finzione di un romanzo c'era la complicata realtà in cui si trovava invischiato.


Il potente sistema radar dell'amico giornalista aveva captato segnali dalle prime linee, direttamente dal teatro di guerra. Dal castello sulla costa bretone in cui da una settimana ormai si erano rinchiusi un buon numero di ministri della Repubblica, i rispettivi  sottosegretari e gli stretti collaboratori, tutti impegnati nella lunga ed estenuante redazione di un’ importante ordinanza  legislativa in materia di antiterrorismo. L'ennesima, peraltro. Era stata una settimana impegnativa, che all’apertura dei lavori aveva registrato la presenza, seppur fugace, dello stesso neo Presidente della Repubblica. Una settimana che aveva messo a dura prova tutti i partecipanti. Per la delicatezza degli argomenti trattati e dei nodi da sciogliere. Anche alla luce del particolare momento storico, con la Republique impegnata strenuamente contro il dilagare della violenza terrorista dell'Isis sulla popolazione inerme. Difesa e Interni i ministeri centrali cui veniva demandata la delicata questione. Mentre, in qualità di ministro della coesione territoriale, in veste consultiva, era stato invitato anche Roger Boissy, marito di Annette, con tutto il suo staff. 


Ebbene, fra gli stretti collaboratori di Boissy, ecco  spuntare il gancio primario del diavolo: la talpa che non ci si aspetta. Un uomo fidato che Alain frequentava dai tempi dell'università e con il quale da anni aveva stretto una sorta di segreta collaborazione. Un rapporto che già altre volte si era rivelato proficuo, regalando al giornalista alcune primizie da offrire all'ormai insaziabile tritacarne dell'informazione. Vista la crescente preoccupazione dell'amico Cedric per la sua Annette, aveva pensato Alain, non ci poteva essere posizione migliore per attingere notizie di prima mano sui coniugi Boissy e sullo stato dell'arte del loro rapporto. E da par suo, non si era lasciato sfuggire quella ghiotta occasione.

 

Senonchè, le notizie che arrivavano dal castello non sembravano delle più rassicuranti. Secondo il racconto della talpa, negli ultimi giorni si erano verificati almeno un paio di episodi di delegittimazione del ministro Boissy nei confronti della moglie, prima che quest’ultima sparisse dai radar per il resto della settimana. A dire del marito, a causa di un brutto virus intestinale che la stava costringendo ad un faticoso recupero. Il primo momento di tensione fra loro parve concentrarsi attorno ad una tavola rotonda con il ministro della Difesa e il suo staff. Quel mercoledì mattina la coppia fu attesa invano per più di un'ora alla riunione. Nessuno sembrava averli incrociati nella sala delle colazioni. Poi verso le 11 per prima era sbucata Annette. Nervosa, dai modi sbrigativi, era entrata con gli occhi bassi, si era scusata per il ritardo, dando la colpa ad una sveglia che non aveva voluto saperne di suonare. E assicurava che a breve il ministro li avrebbe  raggiunti. Abbracciava un grasso faldone che poco dopo aveva sbrigativamente slacciato, disponendone in ordine, con cura, i diversi dossier sul tavolo. A nessuno fra i presenti era sfuggito che avesse da poco avuto una crisi di pianto-Come conseguenza, ad intermittenza seguitava a tirar su con il naso. Mentre la sala aveva ripreso il normale chiacchiericcio, qualcuno del suo staff l'aveva avvicinata, probabilmente chiedendole se tutto fosse in ordine. Lei aveva apparecchiato un sorriso di circostanza, mentre assicurava che tutto fosse sotto controllo.


Un paio di minuti dopo, preceduto da uno dei suoi più stretti collaboratori, aveva fatto la sua comparsa il ministro. Scuro in volto, teso più che mai, pieno di tic fastidiosi, aveva cominciato a roteare nervosamente i suoi occhi taglienti a destra e a manca. Si era brevemente scusato con l'assemblea per il ritardo e aveva preso posto accanto alla moglie, senza degnarla di uno sguardo. La tensione a quel punto sembrò tagliarsi con il coltello. A rompere il ghiaccio arrivò puntuale una battuta di spirito del ministro della Difesa, qualcosa che aveva a che fare con il tempo e la pioggia. Ma la sensazione di imbarazzo e di incertezza rimase inalterata durante tutta la seduta, durante la quale la coppia non si era scambiata mai né una parola né uno sguardo. Sempre in mattinata, un altro momento di tensione si registrò quando il ministro, illustrando il suo punto di vista ai colleghi, prese a sparigliare i fascicoli che sua moglie aveva disposto in ordine, e impaziente di non riuscire a trovare quanto gli serviva, ad un certo punto aveva preso a smazzarli con un improvviso gesto di stizza. Il tutto, sotto lo sguardo irritato della moglie e quello incredulo dei colleghi.


C’era di più. La sera, secondo la ricostruzione della talpa, era andata anche peggio. Era raro che la lunga tavolata fosse coinvolta in un'unica conversazione. Accadde invece che, complici un paio di bicchieri di vino in più, il sottosegretario all'interno, per solito una persona molto seria e riservata, si intrattenesse a raccontare, con spirito ed empatia, un divertente episodio che lo aveva visto protagonista con la moglie durante le vacanze in Scozia. Alla fine del racconto quando tutti risero e commentarono a sufficienza, calò il silenzio sulla tavola. Probabilmente tutti si sentivano un po' imbarazzati dall'atteggiamento di estremo riserbo che Mr Boissy continuava a mantenere. A quel punto, a qualcuno fra i commensali, non si sa bene se per sfida o per il tanto alcool in corpo, scappo' un invito rivolto al ministro Boissy a raccontare di un episodio divertente accaduto in compagnia della moglie. E lì, la maggior parte dei commensali registro' una specie di brivido sotto pelle. Dopo qualche secondo di incertezza e di disagio generale, il ministro parve affiorare da quella sorta di torpore in cui sembrava sprofondato. E con gli occhi di tutti addosso, si lasciò andare ad un sorriso che cercò al meglio di dipingere di venature sarcastiche.

- Lei mi chiede, sottosegretario, di dare fondo alle mie pur pessime qualità mnemoniche - attaccò lui, prendendosi lentamente il tempo per ritornare in mezzo a loro con lo spirito, come un consumato attore.

Fra i commensali si udì il bisbiglio di qualcuno evidentemente indeciso se dover continuare ad ascoltare la replica di Boissy o se piuttosto lasciare scivolare l'attenzione altrove. La stessa Annette, che gli sedeva accanto, senza osare guardarlo, con una eloquente smorfia rivolta ai suoi vicini faceva cenno di non gradire affatto quella situazione.

- E in effetti, a scavare dentro alla storia di ognuno, non si fa fatica a trovare episodi divertenti. Anche noi ne abbiamo avuti, se è questo che intende.

Prese a raccontare Boissy, che fra i vari tic nervosi annoverava anche quello del prestigiatore, un veloce roteare delle dita che alla finivano per richiudersi in un pugno chiuso. Tuttavia, il tono calmo, quasi serafico del ministro, lo aveva parzialmente riabilitato agli occhi dei colleghi.

- Non ne ricordo uno in particolare. Posso solo dire che le cose più divertenti succedono quando uno è infuriato. Fateci caso. Più siete arrabbiati più ci succede di essere goffi... E ovviamente, appena si abbassano le difese, ecco che accadono le cose più divertenti.

I commensali sembrarono piacevolmente sorpresi dalla nuova verve del ministro, mentre qualcuno assentiva con un cenno del capo pensando ai propri casi. Poi, all’improvviso,  arrivo' la freddura. Fra capo e collo.

- E ora che ci penso. Una cosa divertente da raccontare c'è in questi ultimi giorni ... E come dicevo, arriva proprio nel momento più inaspettato... Vi risparmio i particolari ovviamente... La mia signora  stamattina a freddo, dopo una lunga notte di meditazione, mi  domanda e si domanda quali siano i motivi per cui io abbia deciso in queste ultime ore di chiederle il divorzio ... E questa sua domanda, ammetto, mi ha fatto davvero divertire ... Ecco, signor sottosegretario, spero sia soddisfatto ora della mia risposta...

Nel pronunciare l’ultima frase, Mr Boissy aveva alzato il suo calice nel tentativo irriverente di proporre un brindisi, mentre gli era partito irrefrenabile il tic nervoso dell'occhiolino che contribuiva a rendere, se possibile, ancora più sinistra quella scena. A questo punto il silenzio fra i commensali si fece di pietra. Anche i camerieri, intenti a servire il digestivo, sembrarono turbati da quella situazione grottesca. E visto che il ministro Boissy non aveva più intenzione di aprire bocca dopo quella freddura, arrivò in suo soccorso il collega della Difesa. Da saggio decano, quale si considerava, assunse l'arduo compito di risollevare la brigata dal profondo imbarazzo in cui era scivolata. Senza riuscirci ovviamente. Il suo intervento  preludeva solo ad una chiusura affrettata della cena, con Annette che, fingendo di stare poco bene, si era già allontanata dal tavolo, seguita a ruota da quasi tutte le donne presenti a tavola. Mentre il Ministro, apparentemente imperturbabile, era rimasto seduto con i colleghi ministri e con i suoi collaboratori più stretti, intento a sosrbire il suo Cognac e a fumare un sigaro cubano che qualcuno gli aveva offerto.


Cedric aveva rivisto nella sua mente decine di volte quelle scene agghiaccianti. Era convinto che Alain nel raccontargli la versione della talpa ne avesse un po' edulcorato i contenuti. Cercò ancora una volta di non dare troppo peso all'ultimo messaggio che Annette gli aveva lasciato in segreteria e provo' a sintonizzarsi su un atteggiamento positivo.  Che fosse paranoia quella di Annette? Frutto dello stress che quella dura settimana le aveva messo in corpo? Provò a dubitare Cedric … Eppure quelle parole,  “..mi sento debole...sempre più debole. Sospetto che mi abbiano drogata ...”, e il tono di preoccupazione di quel vocale di appena 24 ore prima, non sembravano lasciare spazio a dubbi. Annette era davvero in pericolo.


D’altra parte, la talpa era stata precisa nel suo resoconto. I lavori erano proseguiti per tutta la settimana senza Annette. Nessuno fra i suoi colleghi l’aveva più rivista da quel mercoledì sera. Mentre il ministro sembrava aver liquidato la questione raccontando in giro ai vari colleghi la versione di una particolare forma di influenza, molto violenta, probabilmente di natura virale, che le aveva attaccato l’intestino procurandole febbre alta, vomito, dolore alle ossa e un diffuso malessere. Motivo per cui, Mr Boissy aveva fatto arrivare in tutta urgenza un medico dalla città, non dopo aver disposto il trasloco della malata in una stanza separata, accanto alla sua. Affidandola alle cure della propria segretaria, della quale si fidava ciecamente.


Ora che il treno era fermo alla stazione di Rennes, Cedric ebbe voglia di fare due passi e di sgranchirsi le gambe sulla banchina. Prima di scendere, diede un'occhiata a Pierre che, dopo diverse false partenze, sembrava finalmente aver raggiunto nel sonno la giusta velocità di crociera. Fuori invece aveva smesso di piovere e lontano all'orizzonte verso ovest gli sembrò di scorgere delle larghe e profonde schiarite. L’oceano era vicino. Ne poteva pregustare già l’odore.


La prossima puntata sarà online sabato 28 gennaio