Falso Movimento
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Nel primo pomeriggio la portaerei di Dutroux con tutti i componenti a bordo giaceva ancorata sul fianco di un fastoso viale nella parte alta di Dijon, all'estremità nord dell'esclusivo quartiere di Montchapet. Di fronte, non fosse stato per l'imponente bastione a difenderlo, si intuiva un edificio grandioso, le cui estremità superiori svelavano un sorprendente fioritura stile Art Nouveau. Da quel punto preciso si poteva abbracciare in un unico sguardo tutta la città. La parte nuova sulla sinistra, verso est, con una selva di monotoni palazzoni di periferia in cemento bianco, qua e là ornati da sgargianti fasce colorate. La parte vecchia, sulla destra, direzione sud est, col suo esteso e uniforme tappeto di tetti color ardesia, da cui svettavano pochi ma notevoli monumenti: il doppio campanile di Saint-Benigne, Notre Dame e la magnifica torre del palazzo dei Ducs de Bourgogne.
Da lì Cedric aveva spinto lo sguardo in profondità fin dove partiva l’orizzonte: la giornata si era messa al meglio e il cielo in direzione sud-est aveva assunto le tonalità del blu cobalto. Si alzò il bavero del lungo paltò, per difendersi da un'improvvisa folata d'aria gelida e si mise le mani in tasca dopo aver provato a suonare per l’ennesima volta il campanello di Villa Pirenne. Non ricevendo risposta, tentò la perlustrazione delle stradine a fianco, a caccia di una miglior visuale, che gli potesse restituire la fotografia della facciata o almeno, in parte. del giardino. Niente da fare. A causa degli spazi angusti delle vie adiacenti non era riuscito a scorgere un granchè. Se non l'ultimo piano di una magnifica torretta sormontata da una sorta di campanile stile Gaudì. Si guardò ancora intorno, prendendo tempo. Non solo la villa del famoso avvocato, anche il resto delle abitazioni del quartiere avevano l'aria di nascondere deliziosi giardini e facciate finemente cesellate. Purtroppo, nella quasi totalità dei casi, dovette cedere, si trattava di palazzi nascosti alla vista da invalicabili mura alte più di quattro metri. Si consolò con l’ennesimo sguardo su uno spicchio di città, mentre i comignoli avevano cominciato a sputare fuori banchi sempre più fitti di fumo di legna di faggio. Da lì a poco sparì risucchiato dal Suv che faceva rotta verso il centro città. Pazienza. Mmlle Yvonne Pirenne, la giunonica compagna di Eric, l'avrebbe incontrata in serata o l'indomani.
Aveva appena disfatto le valigie in quel luccicante hotel in pieno centro, quando già trovò insopportabile la vista della sua camera: troppo grande, troppo allagata di luce, troppo immersa nella movida dijonese. Si dispiacque quasi di scoprire che il balconcino desse su Place de la Liberation. Eppure, chiunque al suo posto avrebbe fatto salti di gioia. Non lui, in tutta evidenza. A Cedric sarebbe bastato un bugigattolo, il più umile possibile, con un lucernario alto, senza finestre, dove sarebbe stato più facile concentrare i pensieri. Nel chiudersi dietro le tendine, si augurò dunque un paio di giorni di freddo intenso così da scoraggiare anche il più temerario fra i turisti che volessero godersi lo zampillio della fontana sulla piazza centrale.
Durante il check-in, aveva già avuto un piccolo assaggio dello stile dell'hotel, nel tentativo di misurare il grado di alienazione delle persone che lo frequentavano. In attesa del suo turno, aveva liberato distrattamente lo sguardo tutto intorno e, solo in quel preciso momento si rendeva conto dell'incredibile numero di persone che gremiva l'ampia sala attigua della Hall. Ciascuno immerso in un viaggio personale verso un mondo alternativo, parallelo alla realtà. Che non era lì ed ora, ma altrove nello spazio e nel tempo. Disperso in un eone del tempo, dove sembrava sprofondare, alla ricerca di un altro sè stesso, probabilmente migliore di quello reale. A bordo di nuovi strumenti di distrazione di massa. Laptop sempre più minuscoli, tablet iper sottili, provvisti di tecnologia wireless bluetooth, smartwatch ultra performanti, Iphone dell'ennesima "ultima generazione". Nei dieci minuti di attesa del suo turno, non trovò fra tutti una sola persona interessata a conversare con il proprio vicino, aveva notato Cedric. D'altra parte, le declinazioni delle più moderne catene di hotel sembravano ormai assecondare questa nuova tendenza. Lounge-room con ampia hall provvista di poltrone schiaccia pensieri di tutte le comodità. Acquari disseminati ad ogni pilastro visibile. Una penombra disegnata a tavolino da improbabili led fluorescenti. Un sottofondo di world music banale ma che faceva provare all’ospite quella ingannevole sensazione di essere al centro del mondo. E soprattutto, una solitudine internazionale entro cui chiunque, dopo due cocktail ben assestati, finiva per sprofondare, senza bisogno ancora di doversi devastare dall’alcol per esserlo davvero. Un parossismo di alienazione, ripetè fra sè rabbrividendo. Ed ebbe paura di quella brutta parola
Nel tardo pomeriggio arrivarono i nuvoloni e, con essi, dei grandi goccioloni d’acqua che imperversarono sulla città per almeno un paio d’ore. Cedric ne aveva approfittato per buttarsi vestito a letto e provare così a schiacciare un pisolino. Giusto il tempo di resettare i pensieri. La giornata era stata intensa e i suoi ricettori avrebbero beneficiato di una seppure breve ricarica. Verso l’ora dell’aperitivo fu svegliato da una squillante telefonata in camera. Il trillo del telefono risultò così fragoroso che evidentemente, pensò Cedric, nessuno si era mai preoccupato di regolarne il volume. La receptionist lo avvisava di avere in linea una telefonata dall'esterno. Cedric rispose con la voce ancora impastata dalla pennichella, non faticando molto a comprendere che si trattava di una rogna.
- Monsieur Cedric Bovin? gli chiedeva una voce femminile calda e suadente.
- Si certo, chi lo desidera?
- Lascia perdere ... Non è importante, tesoro. Potrebbe essere un prestanome, un burlone o un pazzo che ha solo voglia di giocare. Ma ti consiglio di pensare a me come ad un tuo amico, o un’amica se la cosa ti fa sentire meglio, la più cara ... mi capisci vero?
C’era qualcosa di dissonante fra la proposizione d’intenti ed il tono così caldo e soave di quella voce: era il disorientamento che in genere si prova davanti ad un ossimoro.
- Non capisco ... pronto!
Provò a difendersi il detective, come un pugile completamente fuori guardia.
- Sturati bene le orecchie, tesoro! Perché non te lo ripeterò per un’altra volta!
Si udì un sorriso beffardo dall’altra parte del filo. Era evidente il carattere minaccioso della telefonata. Per prendere le contromisure Cedric aveva bisogno di incamerare qualche dettaglio in più.
- Sappiamo che sei sulle tracce di Eric Dutroux e che i genitori del giovanotto sono venuti apposta da Parigi nella speranza di rintracciarlo.
- E' già una cosa.. e tutto questo cosa dovrebbe azzeccarci con la nostra conversazione?
Fece lui confuso ma vigile.
- Prova a fare meno il gradasso, monsieur Cedric! Sappiamo chi sei e chi rappresenti e, temo, abbiamo anche gli argomenti giusti per tapparti la bocca. Ti può bastare il nome di Annette Boissy?
- Che c’entra adesso!
Cedric dovette improvvisamente asciugarsi un rivolo di sudore che sembrò attraversargli la tempia.
- Sappiamo tutto di te, Monsieur Bovin; sappiamo anche chi ti ha rovinato la carriera in polizia e chi ti ha riqualificato nella società parigina che conta.
- Ma chi ..cazz è che parla? E che cazzo vuoi da me!?
Si lasciò scappare prima di lasciarsi andare ad una pesante imprecazione con la quale intese mettere fine alla conversazione. Si sedette tremando in preda a un raptus di nervosismo, quando il telefono tornò a squillare. Il trillo era così acuto e squillante che l’avrebbero potuto sentire giù fino alla reception. Rabbiosamente abbrancò la cornetta, dopo aver assestato un calcione al pouf che si frapponeva fra il letto e la scrivania.
- Ma cosa credi di fare, Cedric?
E si sentì una risata sguaiata.
Quella maledetta voce sinuosa e infida sapeva toccare le corde della falsa confidenza e Cedric ebbe la spiacevole sensazione che la persona dietro ad essa avesse le risorse per dare seguito alle minacce.
- Chi ti manda? E perché’ dovrebbe interessarti la scomparsa di un ragazzetto appena maggiorenne? un moccioso… Che cosa intendi coprire? Che rapporti hai con lui?
La disperazione di quella situazione inaspettata aveva fatto risuonare l'allarme rosso. E Cedric aveva d’un tratto cambiato strategia, ingranando il pilota automatico. A contestare un anonimo che irrompe al telefono della tua stanza d’albergo si ha solo da perdere. Per questo bisognava mettere in ordine un impianto difensivo. Superata l’iniziale esplosione emotiva, richiudere il telefono in faccia avrebbe significato dare adito alla sua vendetta. Tanto valeva stare a sentire. Magari con un po’ di fortuna sarebbe pure riuscito a carpire da dove proveniva quella telefonata. Che non fosse un cellulare sembrava pacifico. Anche in modalità "sconosciuta", si sarebbe potuto risalire alla sim. E nessun ricattatore avrebbe usato un cellulare per minacciare la sua vittima. Le stesse schede prepagate avrebbero lasciato tracce. La telefonata anonima poteva dunque solo arrivare da un telefono pubblico. E con molta probabilità dal centro città, visto che le cabine telefoniche erano diventate ormai merce così rara da risultare dei veri e propri cimeli per amministratori nostalgici del vintage. Cedric si stava concentrando sui rumori ambientali: una via trafficata, si intuiva dal rumore sordo delle auto, qualche claxon isolato, lo sferragliare di un tram e in prima linea un rumore di catene che sfregavano contro una sbarra in ferro, almeno così sembrava ... come quello del guinzaglio di un cane. Nel frattempo la voce continuava imperterrita fra le dolci curve di una pericolosa mielosità.
- Ritorna a pensare a me come al tuo migliore amico. Non ne hai molti di amici vero? A causa del tuo carattere un po’ spigoloso...parecchio introverso. Un po’ altezzoso lo sei sempre stato d’altronde, ne convieni, no?
La conversazione gli stava sfuggendo di mano. Malgrado avesse acconsentito di accettare le regole di quel gioco, Cedric sentiva le corde della frustrazione stringergli minacciosamente la gola, fino quasi a strozzarlo. Fino a che punto avrebbe retto, si domandava, prima di rimanerne impiccato?
- Sì, direi che se c’è una caratteristica che viene in mente dopo aver parlato con te caro Cedric anche solo per due minuti... questa è l’arroganza! Lo sai questo? Te lo hanno mai fatto notare?
Dall’improvviso latrare di una bestia inquieta, ebbe conferma del suo sospetto. Il cane apparteneva alla donna, che doveva essere sola. Perché altrimenti non si sarebbe spiegato per quale motivo l’avrebbe dovuto fissare ad un paletto di ferro contro cui ora la bestia sembrava sfogare tutta la frustrazione in cattività. Il tram, era il suo secondo indizio: per localizzare la zona, sarebbe bastato fare uno controllo di tutte le linee ferrate cittadine…non ci sarebbero state molte cabine telefoniche nei pressi.
- Io non ho intenzione di farmi offendere da uno sconosciuto.
Sbottò infine con studiata decisione, per tenere testa alla controparte. Al netto di tutto, lo sapeva bene, quella voce era fino ad allora l’unico indizio a cui erano aggrappate le sue sgangherate indagini.
- Ahaha ne sei sicuro? Chi intendi prendere in giro, tu? Tu mi stai facendo credere di essere nella comoda posizione di interrompere questa chiamata?
La risata risultò anche stavolta particolarmente volgare come capita a chi per troppo tempo è costretto a contorcersi le budella per tenere a bada i propri nervi. Servì una buona dose di pazienza a Cedric per inghiottire il bubbone della rabbia che sentiva crescere in corrispondenza della giugulare.
- E sia ... che cosa esattamente vuoi da me, maledetta bestia di satana!?!
Riuscì stavolta a scandire le sillabe, rimanendo finalmente calmo nel consegnargli l'insulto.
- La richiesta l’hai già bella che intuita, te ne renderai conto ma a poco a poco capirai...forse. Non sei il miglior sbirro che c’è in giro a Parigi? Così dice il tuo amico, come si chiama il giornalista ... Alain Leclair. Dice che sei tu il numero uno. Bene, adesso dimostramelo.
- Che cosa diavolo vuoi? dimmelo chiaro e tondo.
Ripetè algidamente, ma con la morte negli occhi.
- Niente di più semplice: voglio che tu lasci in pace una volta per tutte Eric Dutroux ... E visto che ci siamo, so che non avrai difficoltà a rinunciare alla tua storia con Annette Boissy...
- Che diavolo c'entra di nuovo Madame Boissy con questa storia?
Cedric si ritrovò nuovamente a gridare, in preda ad uno spasmo.
- Sai dove si trova a quest’ora? Tu no, ma noi sì ... Hey, aspetta niente panico! Si sverna bene in Bretagna ... specie se si ha abbastanza tempo da farsi coccolare dal Presidente in persona … non è così?
E verosimilmente la ricattatrice si riferiva al debole che il Presidente, proprio lui in persona, sembrava avere nei confronti della sua Annette, così come lei gli aveva raccontato in diverse occasioni. Cedric provò a non raccogliere la provocazione ma sentì un leggero bruciore in corrispondenza del cuore, una scossa, un mancamento, un accavallamento di sistole e diastole. Se c’era una persona in tutta la Francia di cui era gelosa, quella era proprio Monsieur le President. Non avrebbe saputo spiegare il perché: il prestigio del ruolo, certo, ma anche quell’aria da furbo saputello fico che sembrava scaldare così tanto il cuore delle donne di mezz’età francesi. Ma al di là delle spiacevoli note di gelosia che quelle parole sembravano procurargli, la cosa inquietante era il livello di intimità con cui quella donna sembrava penetrare oltre il muro della sua vita privata. Da chi aveva potuto avere quelle notizie così intime? Come? E a quel punto Cedric sembrò impazzire al pensiero di poter essere intercettato o pedinato, vittima di stalkers professionisti senza scrupolo.
- Bastardi!
Si lasciò scappare fra i denti senza nessuna ricerca di teatralità. Ma non era finita qui, la donna al telefono continuò fino al knock-out completo. Da lì, suonato com’era, sarebbe stato difficile rialzarsi dal tappeto, tutto intero.
-Chissà poi come la prenderebbe il nostro maritino geloso se gli facessimo arrivare qualche bel filmetto hard girato a Rue Montparnasse...
E lì arrivò il gong a mettere fine alla mattanza.
FALSO MOVIMENTO
6
Si ritrovò a cavalcioni sul pouf. Folle e disperato. La testa stretta fra le mani. La sensazione di secchezza alle fauci. E un orribile presentimento che da lì a breve, sarebbe stato raggiunto da una sincope cardiaca. Doveva bere. Assalì il frigobar e cominciò dalla birra. Chiaro come l’acqua che era stato vittima di selvagge intercettazioni. Il suo telefono fisso. O forse il cellulare di Annette erano stati hackerati. O peggio, l’appartamento di rue Montparnasse disseminato di cimici e webcam. Si sentiva frastornato. Preda di violenti capogiri. Sembrava impazzire al pensiero che il suo amico Alain, proprietario di quell’appartamento, una delle persone di cui si fidava di più al mondo, il fratello che non aveva mia avuto, potesse averlo venduto ad una banda di pericolosi ricattatori. Non poteva succedere. Alain non gli avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Ci sarebbe stata un’altra spiegazione a tutto ciò. Corse in bagno e si affrettò a sciacquarsi la faccia con acqua gelata, cercando di frenare il vortice impazzito di pensieri in cui sembrava essere precipitato. L’incontro con lo specchio fu impietoso. E in un momento si ritrovò ad avere pietà di sé stesso. Nudo, come si sentì, davanti a Parigi, alla Francia e al mondo intero.
La privacy! pensò digrignando i denti, rabbiosamente,uno dei valori più preziosi dell’uomo in una società ormai senza speranza. Gli era stata rubata la privacy. Sentiva addosso la dolorosa sensazione di aver perso la verginità senza esserne consenziente. Si sentì letteralmente stuprato. Il Primo articolo della Constitution francaise, ripeté a sé stesso: La Francia è una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale basata sulla Privacy! ecco come avrebbe dovuto recitare l’articolo completo: una repubblica basata sulla privacy.
Provò a ricomporsi e digitò il numero del centralino, dal quale ebbe istruzioni sulle modalità di accesso alle telefonate verso l’esterno. E ancora in fibrillazione, compose il numero di Alain. All’altro capo, il telefono emise tanti squilli quanti erano previsti, prima della deviazione sulla segreteria. Non era un mistero che Alain non rispondesse a numeri di sconosciuti. In preda alla collera, dopo il bip, Cedric consegnò ad Alain un messaggio telegrafico in cui lo pregava di farsi vivo prima possibile. E dalla gravità del tono utilizzato, Alain non avrebbe tardato a richiamarlo. Suppose. E invece no.
Erano quasi le 18 quando Cedric si lasciò dietro alle spalle la sua stanza per incontrarsi con Dutroux e la Nerval. L’incontro nella hall dell’Hotel parve cadere sotto una pessima stella. Nonostante l’esperienza di Cedric in materia di minacce e di intimidazioni, il calore sinistro di quella voce così straniante gli aveva trasmesso un brivido di terrore dietro alla schiena. E ora faceva fatica a scrollarsela di dosso: aveva la leggerezza della pazzia e la pesantezza della morte. Il detective dovette combattere con un improvviso nuovo groppo allo stomaco per gestire al meglio lo stress di quella oscura telefonata senza lasciar trapelare nulla ai suoi committenti. Poi nella notte, dopo aver conferito con Alain, avrebbe avuto forse il tempo per analizzare con freddezza e serenità quanto gli era occorso nel pomeriggio.
Più allarmato di lui sembrò Dutroux. Dalla prima volta che lo aveva visto Cedric ebbe la sensazione che si stesse restringendo sempre più nelle spalle e che la sua figura, curva e allampanata, si allungasse in maniera grottesca ad ogni nuova seduta A ben guardarlo, il suo incarnato aveva ormai virato al verdognolo facendo pendant con un paio di occhiaie sempre più profonde e bolse. Mentre, non ebbe dubbi, la Nerval aveva avuto una scarica di pianto. Affondata in penombra nel fauteuil della hall, era intenta ad armeggiare con un fazzoletto tormentandosi un occhio da cui sembrava aver ceduto irrimediabilmente una parete dell’ombretto. La dama dava l’idea di una figura scomposta, come fosse uscita dal pennello di Picasso. Di certo avevano litigato, vista la concitazione con cui monsieur Dutroux aveva preso a raccontare a Cedric delle novità.
In breve, sembrava che anche la Nerval avesse ricevuto quel pomeriggio una telefonata anonima in camera sua. Una chiamata di matrice minatoria, si lasciò andare Dutroux, avventurandosi nel gergo giuridico. E così era corsa nella sua stanza a raccontargli l'accaduto. Poi avevano probabilmente litigato, immaginò il detective. Oppure lei aveva semplicemente ceduto ai nervi.
- Su tranquilla, mi racconti per filo e per segno cosa le è successo?
La rassicurò Cedric con tono insolitamente consolatorio, sforzandosi il più possibile di dissimulare i suoi sentimenti, non troppo ben disposti verso la signora.
- Era una voce calma, tranquilla, la voce di un uomo, un ragazzo giovane, massimo trent’anni... All’inizio sembrava uno scherzo, poi invece aveva cominciato a raccontarmi di me e di mio figlio.
- E cosa le diceva? coraggio ... non abbia timore.
La incalzò il detective, tradendo ora un po’ di nervosismo. A Cedric non sembrava vero, a quel punto, di questa seconda telefonata minatoria. Per camuffare la sua disperazione, si passò la mano sui lunghi capelli che da qualche mese ormai avevano cominciato a incanutire. Assumendo un’aria il più distaccata possibile.
La Nerval si fermò allora, come a voler raccogliere le forze.
- Mi disse che avrei dovuto seguire le indicazioni … se solo avessi voluto ritrovare mio figlio vivo.
E a queste parole scoppiò in un pianto sconsolato.
- Coraggio…
Provò a consolarla Cedric fissando Monsieur Dutroux, quasi ad incitarlo a fare la sua parte. Ed ancora una volta lo sfiorò quella sensazione che l’uomo parlasse sempre in preda ad un eccesso di esitazione.
- Le ha dato un appuntamento per stasera …
Dutroux smorzò a bassa voce la frase, piegando le ciglia ad accento circonflesso.
- Dove? A che ora?
Il detective si rivolse in maniera sciutta all’amazzone, fulminandola con lo sguardo.
- Ha detto che avrei dovuto recarmi in un locale della città e che lì avrei ricevuto altre indicazioni.
- Di che genere?
- Non so ... aveva tanto l’aria che fosse un gioco, questo farabutto ...
- Capisco, e il locale? Quale è questo locale?
- Il Baby Luna.
- E poi?
- E poi ha riattaccato.
Si morse il labbro. Questo significava che la giornata non sarebbe finita lì e che lui non avrebbe avuto il tempo di riflettere a fondo su quanto stava succedendo.
Per accedere al Baby Luna bisognava essere una coppia. Almeno così si leggeva dal sito web che Mme Nerval stava scandagliando in lungo e largo. Meglio se una coppia tradizionale. Anche se non sembravano esserci particolari restrizioni nemmeno per coppie lgbt, come lasciava intendere una piccola icona arcobaleno, a margine di una pagina non proprio centrale del sito web. L’importante era mantenere le proporzioni, tanti maschi e tante femmine, ne dedusse la Nerval che sembrava avere sempre un’interpretazione personale per tutto. Che più o meno significava: mettersi nelle mani di buttafuori ignoranti e senza un briciolo di cervello. Concludeva, con la sua consueta nota di strisciante pessimismo. Fu Dutroux che dovette farle notare che sarebbe stata necessaria una registrazione per avere accesso al club. E come sempre accadeva con la tecnologia, alla fine dovette procedere lui.
Non ci fu molto da fare per Cedric. Dopo tanto insistere da parte della coppia scoppiata, aveva dovuto cedere. Dutroux e la Nerval intravedevano in quell’avventura la possibilità di poter tenere vive le speranze di restare in scia alle tracce del figlio scomparso. Alla fine il detective aveva accettato la decisione dei suoi committenti, ma con lo stesso entusiasmo di un condannato alla sbarra cui viene sentenziato l'ergastolo. E in attesa del nuovo appuntamento previsto per le 22, aveva deciso di saccheggiare disordinatamente il bar della hall e di alternare alla fine di ciascun drink una visita in camera. Niente di niente. Erano ormai passate quasi 3 ore dal suo messaggio ad Alain e non c’era ancora traccia di una sua risposta. Sprofondato nei suoi più tetri pensieri, si chiedeva a questo punto se non fosse il caso quella sera stessa di comunicare ai due commettenti il suo licenziamento.
Dutroux provò a tenergli compagnia, almeno nella prima mezz’ora. Adesso che erano rimasti da soli, senza l’incombente presenza della Nerval, sarebbe forse andato tutto più liscio nella loro comunicazione. Ma ogni discorso finiva per spegnersi quasi sul nascere, mentre reciprocamente sembravano scambiarsi i segnali del loro rispettivo cattivo umore. Se ci fu un modo per manifestarsi in modo chiaro la loro reciproca antipatia, quello fu il lungo silenzio con cui i due misero fine ad un certo punto alle inutili chiacchiere di circostanza.
D’altronde Dutroux non era certo un uomo a proprio agio con le parole. Si potevano contare sulle dita delle mani i suoi interventi nell’arco di tutta la giornata. Sempre a commento ironico o sarcastico nei confronti della sua ex moglie, che si era invece presa tutta la ribalta. In un certo modo facilitando il compito di Cedric che per l’ennesima volta ascoltava le lamentele di “mamma Nerval” senza il bisogno di doverla interrogare formalmente. Non avrebbe ancora saputo elaborare una ragione plausibile, ma la signora Nerval gli metteva soggezione. Mentre Dutroux lo annoiava profondamente.
Qualche minuto prima delle 22, la Nerval apparì in tutto il suo splendore dall’ascensore. Cedric soffocò in maniera maldestra un miserabile rigurgito maschilista e, ricomponendosi, dovette prendere atto che la signora Nerval riusciva a portarsi dietro più che dignitosamente i suoi 40 anni suonati. Fra l’altro, a giudicare dalla mise con cui si era agghindata, pareva che quel tipo di ambiente non le fosse poi troppo sconosciuto.
Dutroux invece schioccò la lingua sul palato, trasformando per un attimo la sua solita aria di cane bastonato con un interessante tocco di verve sarcastica. Con un leggero sorrisetto che si andava dipingendo sul suo volto. Il detective ebbe pure la sensazione che un lampo di gelosia fosse brillato fra uno sbattere di palpebre e l’altro del cinquantenne. La donna evidentemente non conosceva le mezze misure. Sfoggiava una minigonna ascellare che ne metteva in risalto le lunghe gambe dritte, sorrette da apicali tacchi a spillo di 12 centimetri. Ma dove faceva davvero la differenza era dai fianchi in su, potendo esibire un invidiabile ventre piatto che lasciava campo libero ad un petto davvero imponente, modellato al meglio da uno stretto corpetto ad incrocio, tutto leopardato. Cedric rimase esterrefatto da quel cambio di registro e ancora più stupito di come la donna avesse potuto solo sognare di portare in valigia da Parigi quel vestito così inadatto, viste le circostanze in corso.
- Vi levo subito dall’imbarazzo ... mezz’ora fa mi sono ritagliata un po’ di tempo per fare shopping... certo Dijon non è Parigi, ma qualche negozio di Zara ce l’hanno pure qua. Non volevate certo che andassi in un locale di scambisti in tuta o con l’hijab?
- No di certo, hai fatto bene a entrare nel personaggio!
Intervenne sferzante il marito.
- E allora a chi ti ispiri stasera tesoro? A Madame Claude?
E rise in maniera sarcastica, lasciando trapelare tutto il suo disprezzo.
Lei parve non fare caso al parallelo con la famosa maitresse parigina, ma ormai Mme Nerval aveva deposto le armi nei confronti di Dutroux. E quando non lo trattava come un deficiente decerebrato da utilizzare come un muto sparring partner, lo ignorava coprendolo di indifferenza.
Dutroux dal canto suo, lanciò ancora un ultimo sguardo mellifluo alla sua ex e senza aggiungere parola la precedette verso l’uscita. Il fantasma di Cedric fu visto uscire per ultimo, borbottando fra sè parole indicibili.