G 7: la crociata di Biden contro il dragone
Che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden non fosse venuto in vacanza in Europa, lo si era capito fin dal suo esordio in Cornovaglia quando, dalle prime battute sulla spiaggia di Carbis Bay, ha messo subito in chiaro il suo vero obiettivo: racimolare consenso presso i colleghi capi di governo contro la crescente influenza globale della Cina. A summit ultimato si possono dunque tirare le prime somme.
In primis Biden ha messo i bastoni fra le ruote al parlamento europeo, costringendolo di fatto a rallentare sulla “Road and Belt Initiative” accordo di investimenti cinesi che sta particolarmente a cuore a diversi paesi europei (Germania e Italia in testa). Poi la Casa Bianca ha ottenuto l’approvazione di un comunicato finale in cui si chiede una nuova indagine sull’origine del coronavirus. E infine ha promesso 100 miliardi di euro di investimenti per contrastare le nuove "vie della seta".
A margine Biden ha illustrato per sommi capi un piano alternativo a quello cinese, il “Build Back Better for the World”, del quale si conoscono in realtà pochi dettagli, e di cui a breve sarà redatto un programma con particolare attenzione ai cambiamenti climatici, alla salute pubblica, alla tecnologia digitale e all’equità di genere. Il tutto per sfidare i miliardi di dollari spesi dalla Cina per le infrastrutture nei Paesi più poveri (Africa soprattutto).
Dopo il laissez-faire degli anni di Trump, l’attuale amministrazione americana ha dunque chiesto ai grandi della terra di usare la testa, i propri muscoli finanziari e il cuore, chiamandoli a ricompattarsi in funzione anti-cinese. Bisognerà comunque attendere l’onda lunga di questi negoziati per capire quanto sia profondo il segno lasciato da questo summit. Anche perché i leader europei al vertice sono stati più cauti nello scagliarsi contro Pechino. Boris Johnson, il premier del Regno Unito ha rifiutato di menzionare la Cina nella sua conferenza stampa di chiusura. E lo stesso Macron, capo di stato francese, ha tenuto a chiarire che il vertice non era ostile a Pechino. Mentre Mario Draghi, si è limitato a ricordare gli sforzi comuni che l’Occidente e la Cina devono intraprendere insieme, in particolare sul cambiamento climatico. Mentre la Germania sembra abbia sapientemente barattato il via libera al completamento del gasdotto Nord Stream 2 (che collegherà il gas fra Mosca e Berlino, da sempre malvista da Washington) a favore di un maggiore disimpegno con la Cina.
Di certo tutto avrà un prezzo nella politica di disincentivazione della Casa Bianca contro il nemico cinese. Compresi probabilmente gli accordi e gli impegni presi a Villa Madama con la Cina nel marzo 2019 dal governo italiano Conte 1, per mano del ministro Di Maio, per una forte intesa sulla "Via della Seta". Un accordo che, mutatis mutandis, sembra ora rivelarsi imbarazzante nei confronti degli alleati americani. Ma che, nel linguaggio della realpolitik si potrebbe invece rivelare un ottimo punto a favore per una posizione di negoziazione più vantaggiosa dell’Italia con gli Usa. Vedremo.
15 giugno 2021