Infodemia ... e tutte le feste si porta via
Di recente mi sono più volte imbattuto nel termine infodemia (specialmente leggendolo dall'inglese, infodemic). Ma fino a ieri ho sempre preferito lasciarmelo scivolare pigramente addosso. Forse lo scambiavo per un sinonimo di pandemia, forse mi dava l'idea di una parola troppo artefatta per tornarmi utile. E ogni volta mi convincevo di poter fare a meno di acquisirne il significato intrinseco dal momento che, giudicavo, non mi impediva di cogliere il nocciolo di quanto stessi leggendo. E invece mi rendo conto di aver pagato pegno all'ignoranza, perché la parola, come si suol dire, merita.
Infodemia è uno di quei termini il cui senso è dato dalla risultante di diversi significati. Non ha nulla a che vedere con il greco classico, è un neologismo che unisce info a (epi)demia e sta a definire "una sovrabbondanza di informazioni che ruotano attorno all' epidemia". Chi l'ha usata per la prima volta (durante l'epidemia di ebola in Congo nel 2003) aveva forse in mente di coniare un termine che allo stesso tempo mettesse insieme i pettegolezzi, le stigmatizzazioni e le teorie complottiste che nascono e si diffondono durante le emergenze sanitarie. E mai come in questi giorni e mesi questo termine, nato in laboratorio, sembra tornare utile per cercare di capire dove, come e quanto stiamo andando su questa terra (volendo citare ...non fuori contesto, la parodia straordinaria di quel Quelo di guzzantiana memoria).
Volendo fare l'avvocato del diavolo, a parziale discolpa delle falangi armate dei negazionisti, si potrebbe dire che la pandemia sta mettendo a dura prova il sistema nervoso di tutti, nessuno escluso, generando periodi di forte stress sia per le persone che per le comunità. Dall'altra parte, in questa situazione delicata, non è facile né gestire né dissipare la disinformazione. Con il risultato che molto spesso il buon senso lascia il campo alla paura che, si sa, lasciata alla deriva, diventa infallibile nel generare i mostri più terribili. Anche perché, mai come adesso, la Scienza sembra essersi d'un tratto dimostrata oltre che ridimensionata anche (purtroppo) clamorosamente fallibile.
Ma qui finiscono le scuse per i creduloni. E da qui comincia la malattia e il decorso sempre più sinistro dell’infodemia. Purtroppo bisognerà nei prossimi anni fare i conti con questa sorta di nuova epidemia sociale, l' infodemia, apparentemente innocua, ma che invece nasconde nella propria narrazione i bacilli dell' eversione politica, culturale e della manipolazione mentale su larghi strati della società.
Così, provando a tratteggiare l'identikit del negazionista, è quanto meno lecito chiedersi: chi sono mai le "vittime prescelte" dell'infodemia? Senza lasciarmi tentare dal dileggio nei loro confronti (che potrebbe sfociare anche nel turpiloquio) mi limito a constatare che i più esposti sono forse quelle persone dotate di scarso senso critico, pessime conoscenze scientifiche (peggiori delle mie), oppure persone che, per motivi ideologici o politici, vengono attratti da sempre dalle varie teorie del complotto. Finendo per dare credito a questa o quella diceria, non importa quanto improbabile o assurda o fuori dal mondo conosciuto essa sia.
Che i rumors, o come li vogliamo chiamare, voci di corridoio, indiscrezioni, dicerie, pettegolezzi, siano il pane quotidiano dei nostri tempi, mi pare abbastanza acclarato. Basta concedersi un viaggio (da incubo) sulle varie piattaforme del web, per imbattersi in notizie che circolano insistentemente, in maniera più o meno confusa, senza però ricevere conferme o verifiche ufficiali. Il primo esempio che mi viene in mente è quando, alle porte della prima ondata di Covid, già a febbraio scorso, il panico determinato dalle prime notizie ha portato molti all’acquisto compulsivo di beni di consumo come la carta igienica, dei kit di pronto soccorso, l'acqua in bottiglia e disinfettante per le mani. Ma queste erano solo le prove generali.
Subito dopo, a epidemia conclamata, se ne sono aggiunte altre e molto più gravi, in un vortice del Maelstrom sempre più irrefrenabile. E via alla pazza girandola delle fake news. Mangiare aglio, evitare cibo piccante, mantenere la gola umida, assumere le vitamine C e D per aiutare a prevenire la malattia, sono solo alcuni esempi delle "voci di corridoio" circolate fin dall'inizio. Per quanto riguarda le cure si sono diffusi rumors sui trattamenti “fai da te” diversi a seconda del paese di provenienza: candeggina, bere soluzioni di clorite di sodio, con acido citrico, e abusare di alcool, nel mondo occidentale; bere tè, urina di mucca o sterco in India, oppure urina di cammello mista a calce viva in Arabia Saudita; oppure ancora preparare infusi di piante medicinali in Africa. Lo stesso Trump (dopo la sua parentesi negazionista) in una delle sue (tante) infelici uscite sull’argomento, si era lanciato nell' apologia del disinfettante, che avrebbe reso il corpo immune dal morbo. Questo a dimostrazione del fatto che, non a caso, i piu' esposti alla infodemia sono quelli che schizofrenicamente ondeggiano fra il negazionismo piu' intransigente e le creduloneria piu' disarmante. Schegge impazzite di un universo mondo che ormai convive, senza farci troppo caso, a braccetto con la conciliazione degli opposti.
Inutile dire del danno provocato da queste fandonie spacciate per realtà effettiva. C'è un'espressione in Sicilia che rende bene il senso di quantità spropositata in merito ad un evento o a una situazione grave. Si dice: "sono più numerosi di quelli che hanno messo in croce Gesù Cristo". La cito in relazione al numero galoppante di negazionisti che sembrano sbucare ultimamente da ogni parte, come i famosi funghi. Fra le false convinzioni più diffuse c'è quella secondo cui il tasso di mortalità del Covid-19 sia stato deliberatamente e notevolmente esagerato. Nel segno di non si sa bene che cosa e a vantaggio di chi. Ovviamente gran parte delle tesi in odore di complottismo hanno trovato terreno fertile sui social network che servono da magnifico moltiplicatore, da continua cassa di risonanza delle fake news, laddove il muro del senso critico risulti tanto basso da permettere di strisciare per poterlo attraversare.
I complotti stanno lì, basta editare su google per poter scatenare il famoso vaso di Pandora. Li cito velocemente, senza soffermarmici troppo, perché solo a descriverli si sente un vuoto senso di impotenza di fronte agli abissi più remoti in cui è capace di sprofondare il cervello umano. Partendo dal complotto del 5 G (che causerebbe o accentuerebbe gli effetti del covid sul corpo umano), passando per i no wax (secondo cui i governi starebbero nascondendo gli effetti dannosi dei vaccini), all’artificiosità del virus creato in laboratorio e che sarebbe “scappato” dal famigerato laboratorio di Wuhan, per arrivare alla teoria secondo cui Bill Gates (il magnate di Microsoft) sarebbe la mente, la regia occulta dietro alla pendemia.
Ora, basterebbe solo verificare che chi si lancia in queste teorie del complotto spesso compare anche fra gli elenchi (poco lusinghieri) delle brigate dei terrapiattisti, oppure fra gli adepti delle teorie secondo cui il mondo sarebbe guidato da lucertole aliene o fra quelli secondo cui i cavalieri templari governino la banca mondiale… e la partita sarebbe già chiusa. Nemmeno uno Spielberg o Lucas, i fratelli Wachowski o un Boyle d’annata avrebbero potuto spingersi oltre, in quel di Hollywood.
Siccome la Storia oltre ad essere maestra di vita, sembra essere un loop che ciclicamente ripropone mutatis mutandis situazioni, logiche, atteggiamenti ed eventi simili (se non uguali) viene in mente a questo proposito la caccia agli untori descritta da Alessandro Manzoni nella Storia della colonna infame, scritta nel 1840, che tratta una vicenda, ambientata durante l’epidemia di peste a Milano, di due secoli prima (1630). E qui si entra nel terzo componente chiave dell’infodemia: lo stigma. Mai esempio è più calzante per spiegarne le dinamiche di funzionamento. A quei tempi il processo che portò alla condanna a morte per mezzo della tortura di due innocenti, era partito da un’accusa, poi rivelatasi infondata, mossa da quella che Manzoni chiama una “donnicciola” del popolo, tale Caterina Rosa. Uno degli innumerevoli casi di caccia alle streghe della Storia. Basta solo alla voce untori sostituire uno, dieci, cento, mille, milioni di cinesi e les jeux sont faits.
Anche lo scrittore Albert Camus, con il suo famoso romanzo La peste (del 1947) ci aveva messo in guardia sui rischi sociali di un’epidemia e sull’importanza di non sottovalutarla. Quel romanzo, godibilissimo peraltro, così come ogni romanzo di Camus, contiene al suo interno descrizioni e riflessioni che si adattano in maniera quasi inquietante alla situazione che stiamo vivendo in questi mesi, al punto che si potrebbe prenderle per premonizioni.
Di peste si moriva anche nell'Antica Grecia. Celebri sono le pagine dello storico Tucidide che scrive sulla peste ad Atene (430 a.c.) fra le pagine più toccanti dell’antichità. Facendolo peraltro da cronista informato sui fatti, per aver contratto il morbo in prima persona. Non credo che i negazionisti si potrebbero commuovere di fronte alla descrizione della desolazione delle strade di Atene, come del resto, immagino, non si siano commossi di fronte alle bare di Bergamo ad aprile. Eh però! ... da 2500 anni a questa parte ne ha fatto di strada l'essere umano ! …
Vorrei chiudere citando il famoso tormentone nella gag di Aldo Giovanni e Giacomo: "ma sempre io devo essere l'ultimo a sapere le cose???" Il buon Aldo idealmente, nella sua perfetta maschera di (simpatico) buzzuro qualunquista rivendicava un suo diritto: quello a “sapere” (le cose …). Perchè al giorno d'oggi nessuno, dal primo dei premi Nobel all'ultimo degli scalzacani, si può permettere di rimanere indietro sulla narrazione del mondo e delle sue dinamiche. Qualunque essa sia. A qualunque risultato essa porti. A qualunque prezzo sia venduta. Da lì al complotto il passo è breve: perché quello che non si sa lo si inventa e le dicerie diventano credibili tanto più se sono inverosimili, pazze e persino ridicole.
Ecco perché, paradossalmente, ci dovremmo spaventare quasi di più delle ondate di Infodemia che di quelle della Pandemia. Tanta roba insomma ... ed io ... che appena fino a ieri ignoravo in quanti rivoli si potesse scomporre il significato della parola Infodemia ...
14 novembre 2020